Stamattina pensavo alle camminate che mi aspettano in Perù. In molti mi hanno detto che è un viaggio fisicamente impegnativo, che esige preparazione e io sono ancora qui a pensare a che Santo rivolgermi per far si che questo miracolo si avveri.
Il risultato è che ho il fiatone solo a pensarci, figuriamoci a 4000 mt d’altitudine.
Allora il mio pensiero è andato a quella volta che inconsciamente ho intrapreso un trekking d’esplorazione delle Calanques, a detta di molti meravigliose calette francesi, probabilmente le più stupende di tutta la Provenza che se capiti da quelle parti non puoi assolutissimamente perdere.
Eh niente, decisi così d’impulso che le avrei viste senza documentarmi un minimo.
Avete presente quelle decisioni che prendi su due piedi, quelle dove l’incoscienza regna sovrana?
Leggendo le raccomandazioni in giro per il web, una volta tornata a casa e concluso il fattaccio, ho appreso che il trekking verso queste meraviglie è abbastanza impegnativo.
Tutto ciò a cui bisognava prestare attenzione io l’ho ignorato:
E si che ad un certo punto il dubbio mi era anche venuto.
Prima di iniziare il percorso di trekking ho dato un’occhiata ai cartelli che indicavano la durata dei vari sentieri e ho notato che non c’era nulla che sarebbe durato meno di 3 ore e mezza.
A mia discolpa devo dire che, da quello che ho potuto notare, in Francia hanno l’abitudine di abbondare con le stime dei tempi di percorrimento.
Se serve potrei giustificarmi ancora dicendo che non avevamo minimamente idea che la nostra tappa giornaliera avrebbe previsto il trekking alla scoperta delle Calanques, il problema è che abbiamo agito un po’ troppo d’impulso.
Arrivando al dunque, abbiamo iniziato il percorso verso le 13.00 e siamo arrivati a Calanque d’En Vau intorno alle 16.30 di pomeriggio.
Dopo la la fase d’euforia iniziale in cui sono riuscita ad esclamare “bello, bello” rivolgendomi a qualsiasi roccia e scorcio che ho trovato lungo il percorso, sono passata dal silenzio, all’esasperazione, passando per lo sgomento, la fatica e l’incredulità. Guardavo speranzosa quella che poteva sembrare la fine del sentiero e l’inizio del mare ma quando mi accorgevo che al di là di quello c’erano solo sassi e sterpaglie mi convincevo sempre più che sarei dovuta tornare indietro.
I percorsi per les Calanques sono contrassegnati da segnaletica colorata in base alla difficoltà. Ciò che puoi scegliere non consola: o facile e lungo, o difficile e corto.
Ci è capitato solo verso la fine del tragitto di incrociare altri esseri umani: non è facile incontrare incoscienti come noi che decidono di fare un trekking quando il sole e più alto.
Ho ventilato fino alla fine la possibilità di tornare indietro, ma più camminavo più mi convincevo che non sarebbe servito a niente: mi ero lasciata addietro troppe ore di percorso, quelle più calde e non avrei voluto ripercorrerle.
Dopo un’estenuante camminata fra il sali e scendi dei promontori della costa, in compagnia dei grilli, gli unici coraggiosi ad affrontare questa calura, abbiamo finalmente intravisto la luce.
Fermiamo un tizio che ci indica Calanque d’en Vau, un puntino azzurro protetto da altissime rocce bianche come il gesso e alberi a non finire.
20 minuti a piedi e saremmo arrivati a destinazione.
Neanche il tempo di prendere fiato che ci accorgiamo di non esserci ancora svegliati da questo incubo: gli ultimi minuti di percorso sono una vera e propria scalata alla quale bisogna essere assolutamente preparati.
Spengo la reflex per paura di romperla e tolgo le ciabatte per non scivolare sulle rocce smussate.
Non esagero affermando che il ricordo che ho di quei 20 minuti di scalata sono stati fra i più faticosi e adrenalinici della mia vita.
Più la caletta si avvicinava, più scongiuravo il fatto di arrivarci con una manciata di denti rotti.
Una volta arrivati è stato incredibile, il panorama è stupendo, l’acqua limpida e fresca e i faraglioni che la attorniano sono semplicemente spettacolari.
Ma posso dirvi senza bisogno di mentire a cosa ho pensato quando sono arrivata.
Il mio primo pensiero è stato: mi aspettavo molta meno gente! Spero di non venire a conoscenza di una strada alternativa e facilmente raggiungibile.
Quello di cui ero sicura era il fatto che non si potesse arrivare in macchina a causa del rischio d’incendi molto frequenti durante il periodo estivo.
Subito dopo ho pensato: prima o poi dovrò anche tornare indietro.
Per quanto abbia cercato di soffocare questa ansia, lei tornava a galla. Per il tempo in cui siamo stati in spiaggia non ho fatto altro che rovinarmi il momento pensando alle fatiche che mi aspettavano.
Dopo qualche tuffo rigenerante, le foto di rito a noi sopravvissuti e una manciata di minuti di relax, ci siamo rimessi in marcia per evitare di trovarci in mezzo alla radura al calare del sole.
Che poi al ritorno così male non è andata, abbiamo fatto amicizia con un gruppo di turisti tedeschi che ci ha suggerito il percorso più ripido ma più veloce.
E a quel punto già non sentivo più le mie gambe, oltre ad essermela fatta addosso.
La parte più faticosa resta comunque l’ultimo tratto, ma per il resto siamo arrivati a destinazione molto più facilmente.
Adesso aspetto i vostri commenti, ditemi: c’è qualcuno che è riuscito ad arrivare a Calanque d’En Vau facendo meno fatica?
Avete raggiunto anche le altre Calanques (Sormiou, Port-Pin e Port-Miou)?
Da grande vorrei viaggiare e scrivere di viaggi, nel frattempo provo a viaggiare e a scrivere di viaggi. Social Media Specialist, Travel Blogger e Founder di diquaedila.it
Stefania, nata a Milano, città con la quale ho un rapporto di amore/odio.Ora vivo in Olanda con la mia famiglia!
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