Siamo arrivati a San Cristóbal dopo un tormentato viaggio in pullman che ha messo a dura prova il mio stomaco ma con qualche buon accorgimento ne sono uscita vincitrice. Il caldo umido della giungla di Palenque e ancor prima i 41 gradi di Mérida a cui eravamo abituati, hanno lasciato il posto ad una frescura senza eguali. Saranno stati una decina di gradi in meno, così sull’unghia, quando il pullman ci ha lasciati alla fermata, con la sera che era già calata e le luci ad illuminare le strade.
Il primo impatto con San Cristóbal non è stato dei migliori ma poi mi sono dovuta ricredere fino ad elevare questa città al primo posto del podio fra tutte quelle viste in Messico.
Vi spiego perché!
Siamo in mezzo alle montagne del Chiapas, a più di 2000 metri sul livello del mare. Camminando per San Cristóbal si ha come l’impressione di essere su di un enorme bruco mela che fa su e giù, serpeggiando sinuosamente fra le viuzze in discesa (o in salita, per la gioia dei pigri).
Non ho mai visto, durante il mio viaggio in Messico, una città con più scalini.
Le case sono coloratissime e le strade, i suoi abitanti e i negozi hanno un brio che in altre parti del Messico non c’è. Sarà sicuramente a causa del clima più sopportabile, ma ho trovato in San Cristóbal una piacevole via di mezzo.
Alcune case alternano colori accesi con balconate in legno, sembra proprio il paesino tipico di montagna.
Dalle botteghe esce profumo di pane e paste appena fatte; è qui che ho scoperto la bontà delle sfiziosità messicane: si prendono un vassoio di latta ed un paio di pinze per dolci, si fa un giro della bottega, lo si riempie di ciambelle, tortine, in un mix fra salato e dolce che stuzzica il palato. Poi si porta tutto in cassa per la pesata e la sorpresa è che se anche il vassoio è traboccante, si spende comunque un niente!
È qui che ho conosciuto da più vicino il mondo degli zapatisti, che mi sono fermata ai lati della strada a bere michelada, una bevanda composta da birra, chile, sale, lime e altre diavolerie che non conosco.
Sempre qui ho visto hippie perfettamente integrati, ho visitato quartieri più poveri e baraccopoli, ho preso i collettivos; pulmini che effettuano servizio di trasporto pubblico in varie zone della città e dintorni, soprattutto per la popolazione locale. Non mi ero mai avvicinata così tanto alla gente del luogo come qui a San Cristóbal.
Girando per la città mi sono imbattuta per caso in questo mercatino: ci sono entrata e rimasta per un’ora circa (ma Valerio, non so perché, giurerebbe anche di più) con l’entusiasmo alle stelle. Le collane, i bracciali e gli orecchini vengono creati con semini, fagioli, bucce d’arance, chicchi di caffè… Tutto equo-solidale e soprattutto molto economico.
Niente turisti, niente folla. Solo cose interessanti e persone vestite con abiti locali ricamati interamente a mano.
Le donne sono bellissime: con lunghe trecce nere corvino lucidissime tenute sulle spalle.
Di chiese a San Cristóbal ce ne sono a perdita d’occhio! Non so se riuscirete a vederle tutte perché sono veramente tante ed ognuna ha la sua particolarità. Noi abbiamo deciso di visitarne qualcuna in modo più approfondito e il resto scoprirlo per caso gironzolando per la città e prendendo casualmente quello che aveva da offrirci.
Particolarmente importante, anche se un po’ impegnativo è osservare San Cristóbal dall’alto e lo si può fare dai colli posti alle due estremità della città. Un consiglio è quello di arrivare in cima al tramonto, lo spettacolo è superbo e il clima più sopportabile.
San Juan Chamula la definirei la parte di Messico che ho sentito più autentica ma anche quella in cui mi sono sentita meno al mio posto e mai come in quel momento una turista.
Bella come una pietra grezza, come un amuleto tagliente, schiva e quasi magica. Ci siamo arrivati su di un collettivo assieme ad alcune donne dell’etnia tzotzil che sbocconcellavano fragole fresche e profumavano l’aria. Era un caldo pomeriggio e subito siamo stati accolti dai colori della sua chiesa, insoliti se paragonati con le altre chiese messicane.
San Juan è il paesello di coloro che stanno ai margini, coloro che si sono quasi reinventati una religione è che ancora praticano rituali e sacrifici animali.
Eravamo indecisi se visitare o meno il canyon perché abbiamo sentito pareri discordanti ma alla fine l’abbiamo fatto. Seppur entusiasmante per la sua bellezza naturale, il canyon non è stato fra le escursioni indimenticabili di questo viaggio in Messico.
Se dovessi dire cosa mi è piaciuto di più, sicuramente parlerei del fatto che qui si possono vedere i coccodrilli spuntare dall’acqua e menzionerei la maestosità dei suoi corpi rocciosi, alti fino a mille metri.
I contro riguardano il fatto di dover salire su di una barca turistica, mettersi il giubbotto di salvataggio e fermarsi in posti improbabili per aspettare che tutti quanti si scattino il selfie di rito.
Un consiglio: se si ha la possibilità e il tempo, chiedete di portarvi a vedere il canyon dall’alto. La vista deve essere davvero suggestiva.
Un paesino polveroso con una manciata di negozi, una chiesa che forse è importante ma della quale sinceramente non ricordo il nome… questo dovrebbe dire tutto. L’ho considerata più una tappa dovuta, per fermarsi dopo il tragitto dal canyon. Il caldo era talmente insopportabile che abbiamo trovato refrigerio solamente entrando nel supermarket giusto il tempo di ripartire, così abbiamo potuto dare sfogo alla nostra curiosità e portare anche a casa qualche prodotto locale (cosa che faccio spesso quando giro per i super market esteri).
Da grande vorrei viaggiare e scrivere di viaggi, nel frattempo provo a viaggiare e a scrivere di viaggi. Social Media Specialist, Travel Blogger e Founder di diquaedila.it
Stefania, nata a Milano, città con la quale ho un rapporto di amore/odio.Ora vivo in Olanda con la mia famiglia!
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