Di solito non parlo male delle destinazioni dei miei viaggi e neanche intendo farlo ora.
Troppo facile e difficile allo stesso tempo dare un giudizio ad un posto dopo averci passato poche ore con lo sguardo da turista.
Però quello che posso fare è cedermi il lusso, dato che ci troviamo sul mio blog personale, di dichiarare amore, indifferenza o disappunto, o meglio esprimere una sensazione che mi ha lasciato un posto che ho visitato.
In fondo qui si parla quasi sempre di emozioni, chi mi legge lo sa.
Sono una convinta sostenitrice del fatto che l’umore sia un fattore importante nell’influenzare la riuscita del viaggio.
Nonostante questa dovuta premessa devo dire che Colombo mi ha lasciato l’amaro in bocca.
Come al solito ho ignorato i consigli di chi mi aveva suggerito di lasciare subito la città per dirigermi altrove. L’ho fatto perché tante, troppe volte, ho trovato il bello dove pochi l’avevano riconosciuto. Sono di gusti particolari.
Mi piacciono le città caotiche, disordinate, che sembrano quasi fatte per far andare fuori di senno le persone. Mi piace scavarvi dentro per trovare quell’anima balorda che volta le spalle ai visitatori.
Non dico che Colombo non abbia un’anima, anzi. Probabilmente è colpa mia perché pensavo di perdermi fra i suoi mercati malconci e di soffocare nel traffico ma non di trovarmi avvilita, a camminare sul “lungomare” fissando l’orizzonte di uno skyline appiattito da una cappa di grigio che non è riuscita a trasmettermi nulla se non voglia di andare altrove.
Forse sono stata io a non essere in grado di concedere a Colombo una chance al di là della prima impressione ma credetemi, il primo approccio con questa città mi ha tolto ogni forza.
Ci ho passato il giorno del mio compleanno e tirando le somme avrei preferito essere altrove. Forse in un paesino sperduto nella giungla, senza luci e con le strade sterrate ma che sicuramente sarei riuscita a comprendere di più. A trovare un pensiero felice anche in mezzo al niente.
Abbiamo noleggiato un tuk tuk e visitato una manciata di templi, poi ci siamo diretti a piedi fino alla stazione degli autobus dove un gran via vai di persone cerca ogni giorno di non soccombere a quel caos incredibile e lo fa senza un senso, senza una direzione.
Le urla dei venditori di biglietti sono l’unico modo per suggerirti la destinazione dell’autobus e la cantilena è talvolta incomprensibile per due stranieri che vorrebbero solo orientarsi e aggiudicarsi un posto a sedere su un mezzo che li porterà via da lì. Da quel groviglio di vite appese ad una quotidianità che è così estranea da sbigottirci.
Mi odio per non averla capita ma Colombo non è come le città asiatiche che solitamente amo.
Non ci sono motivi particolari per spiegare ciò che ho scritto se non chiamando in causa il personale giudizio.
Sono un’entusiasta e lo sia scorge da quasi tutti i miei post. Ma Colombo per me è un no.
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Da grande vorrei viaggiare e scrivere di viaggi, nel frattempo provo a viaggiare e a scrivere di viaggi. Social Media Specialist, Travel Blogger e Founder di diquaedila.it
Stefania, nata a Milano, città con la quale ho un rapporto di amore/odio.Ora vivo in Olanda con la mia famiglia!
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Ci sono 1 commento
[…] Arriviamo in questa grigia e affollata città (in realtà l’aeroporto è a Negombo, a pochi km da Colombo ma potrete tranquillamente raggiungere la città in pullman per pochi centesimi, o in tuk tuk) e ci rimaniamo per una giornata, giusto per fare un giro sulle coste del Fort e per farci tirare in mezzo da un tizio che ci farà visitare un tempio facendoci credere che è l’unico giorno in cui è possibile entrare. Niente di più falso ma il jetlag ci ha uccisi e noi ci siamo fatti intortare facilmente. A dirla tutta Colombo non mi ha entusiasmata, ne ho scritto qui. […]
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